mio padre, was a country boy
in un piemonte vertiginoso e fosco.
nella provincia cosidetta Granda
(la Shangri-lah dei fragoloni a Peveragno)
si fece largo, tra le gambe di mia nonna.
con un suo sacchettino di plasma
con un suo pacchettino di ossa piccole
nello zaino un sasso e una ricotta
e i suoi semini da piantare per il mondo.
insomma, nacque. come tutti i bimbi.
alla fine di una rovinosa guerra.
nella provincia cosidetta Granda
(dei partigiani a vocazione GL)
nacque, bimbo bello, in questa terra.
in amarezza e luce. e abbagli e cadute.
e nuvole che turbano lo sguardo:
in baratri di nostalgie cobalto
mia nonna infatti cadde
giù nel buco, Proserpina borghese,
si ruppe la borraccia della serotonina;
fantasmi di giovinezza non sbocciata
minacciarono la vita dell’infante.
giorni e giorni di fitto temporale
fitte al cervello elettrizzato male
mani magre non riuscivano a tenere
l’autunno sconfinava nell’inverno
e questo fagottino, bimbo bello,
diventava triste e macilento
non riuscivano a trovare più l’azzurro
ma un pomeriggio più tenero degli altri
nella provincia cosidetta Granda
(quella effigiata da Pittara e Delleani)
su prati dai colori psichedelici
apparve una fata in forma di vacca
“non preoccuparti” disse alla ragazza
“riposati, riprenditi l’azzurro”
“io mangio l’erba e i fiori
do io il latte a tuo figlio”
“tu dormi, riposa nell’azzurro”.
e fu così che mio padre si riprese
e diventò mio padre, appunto.
oggi ancora lo è. he is, a country boy
che prende suo nipote sulle spalle
e per fargli ammirare meglio le mucche
con le loro boasse impastate di fiori
prende la scossa sul malgaro elettrico.